Francesca Pisoni e la realtà in uno scatto.

Intervista a Francesca Pisoni, fotografa.

-Testi di Sara Butera-

Mi chiamo Francesca e vivo con due gatti a Vaprio d’Adda, paesino in cui sono nata e cresciuta.

La splendida zona a due passi da Milano, è attraversata dal naviglio della Martesana, e permette di perdersi nel verde, nella centrale Idroelettrica e nella bellezza di Villa Melzi, luogo in cui Leonardo Da Vinci è stato ospite per studiare le acque dell’Adda.

Fin da piccola, vivere circondata da tanti stimoli ha fatto nascere in me la voglia di fotografare la verità che mi circondava.

I primi scatti, diapositive con la reflex di mio padre, immortalavano momenti con le amiche, o gite nel territorio.

La svolta è avvenuta dopo il liceo, quando mi sono iscritta ad una scuola privata di fotografia a Milano; come speravo, ho iniziato fin da subito a seguire dei corsi di reportage.

A quei tempi si scattava in analogico, quindi ci insegnavano ad utilizzare al meglio l’esposizione della luce, a conoscere la macchina fotografica. L’approccio allo strumento e ai mezzi a disposizione era molto diverso da quello odierno. L’uso di Photoshop non era così diffuso: lo scatto doveva essere già pronto fin dalla base.

Faccio parte di quelle generazioni nate a cavallo tra due realtà. All’inizio, abituata alla pellicola, il passaggio dall’analogico al digitale non è stato così semplice. In parte, perché la risoluzione del digitale non era perfetta. A quei tempi, in qualche modo mi sono ritrovata a muovermi in un mondo che non era poi così pronto come invece è ora.

Man mano che la tecnologia si è evoluta e la qualità delle immagini è cresciuta, mi sono sentita sempre più a mio agio a muovermi con questi nuovi strumenti.

Non è tanto il mezzo a fare la differenza, ma “l’occhio” della persona che c’è dietro.

Tante volte, ormai, scatto dal mio smartphone e credo che nel futuro si arriverà ad utilizzare solo i cellulari.

La modernità è un’occasione. Penso che ogni cosa sia da sfruttare nel suo lato positivo. Trovo bellissimo che ognuno possa immortalare piccoli istanti della propria vita, così come penso sia un valore aggiunto il fatto che l’occhio umano si stia adeguando alla bellezza e alla qualità.

Per quanto mi riguarda, la fotografia è un modo per esprimermi. Sono una persona timida, ma dietro l’obiettivo mi trasformo; mi avvicino alle persone e riesco a capire chi sono, cerco di raccontare le loro storie attraverso quello che vedo e provo.

Questo mi ha sempre affascinata: riuscire a raccontare delle storie attraverso degli sguardi, dei momenti, delle situazioni.

Per me la fotografia è tutto, è la mia fermezza.

Prediligo i reportage. Da ragazza, svolgevo lavori come commessa o barista per riuscire a pagarmi viaggi, i traduttori e le pellicole per realizzare i miei servizi.

Mentre le mie coetanee andavano in vacanza a Ibiza, io partivo per mete sconosciute, verso luoghi talvolta ostili, per raccontare storie spesso difficili da metabolizzare.

Il fotogiornalismo mi ha sempre affascinata. Giovanissima, ho esplorato mondi in cui ho trovato una realtà molto forte.

Ho immortalato ragazzini che hanno subito le radiazioni di Chernobyl, sono stata negli orfanotrofi, sono andata in Kosovo per un’associazione non governativa, ho svolto servizi nei campi Rom, in Vietnam, Cina e Giappone.

Quando vedi un bimbo denutrito e con i vestiti stracciati, può risultare semplice scattare un’immagine d’effetto, ma bisogna essere in grado di trasmetterne la realtà col massimo rispetto.

Sara Butera, Libralchimia.

Le fotografie di questo articolo sono di Francesca Pisoni.

Francesca Pisoni, fotografa

Francesca Pisoni è su instagram: francesca.pisoni e su Facebook: Francesca Pisoni Photographer

Diana Proserpio, educatrice cinofila.
-Testi di Sara Butera-
I miei genitori non hanno mai voluto tenere cani, mia madre ne aveva persino paura; eppure, la mia passione per loro, ha superato qualsiasi ostacolo.
Da piccola, quando ne vedevo uno, cercavo immediatamente il contatto: volevo accarezzarlo, diventare sua amica.
Ancora adesso posseggo una fotografia in cui, da bimba, abbracciavo un pastore tedesco. Era enorme, molto più grande di me, ma non m’intimoriva.
Sono una persona timida, riservata. Ho sempre mantenuto le distanze dagli esseri umani, poiché possono ferire, deludere. I cani, invece, non tradiscono mai, non sanno mentire; con loro sono in grado di instaurare un rapporto di fiducia reciproca che va oltre la comunicazione stessa.
Com’è nata la mia carriera? A diciassette anni ho iniziato un’esperienza da volontaria presso un canile, da quel momento ho intrapreso il percorso che mi ha condotta fin qui.
Ho svolto altri lavori prima di concretizzare un futuro lavorativo come educatrice cinofila. Ricordo con un sorriso quando ero un’impiegata e il venerdì chiudevo la porta dell’ufficio: mi sentivo felice, perché avrei dedicato il fine settimana a ciò che amavo davvero.
Quando l’azienda ha chiuso, ho detto a me stessa: «Nella vita devo fare qualcosa che mi piace.» Così mi sono buttata in quest’avventura.
Ho iniziato come pet sitter, ma fin da subito ho costruito un’importante base di cultura cinofila. Nel mio settore non ci si può improvvisare: esiste un linguaggio da imparare e rispettare.
I corsi professionali mi hanno formata in modo serio e concreto, ma ammetto d’essere stata aiutata dalla mia naturale capacità d’instaurare un rapporto immediato di fiducia con i cani.
Loro sentono in anticipo chi sono, cosa chiedo, le mie intenzioni… così come io so che questi animali comunicano con tutto il corpo. Anche senza parlare, dicono cosa vogliono.
Sono gli esseri umani, spesso, a non comprendere. Per questo è necessario “lavorare” anche sui proprietari, in modo da riuscire a stabilire un contatto con i loro amici a quattro zampe.
Mi sento di dare un consiglio a chi vuole prendersi cura di un cane: bisogna rispettarlo e non solo dal punto di vista fisico. Ogni creatura è un mondo a sé ed è necessario tener presente che ogni razza ha delle sue caratteristiche peculiari.
Credo nei colpi di fulmine tra umani e animali, è una cosa potente. Io stessa l’ho provato con Diva: una cagnolina di cui, per anni, mi sono presa cura al canile.
Non voleva uscire con nessun altro e, se veniva adottata, scappava per tornare da me.
Io attendevo la fine dei lavori della casa in costruzione per poterla adottare.
La crudeltà degli esseri umani, quella volta, ha avuto la meglio.
Purtroppo l’hanno data in adozione in Spagna e non l’ho più vista… mi si è spezzato il cuore, al punto che non sono più riuscita a mettere piede in quella struttura.
Ora ho un’altra amica speciale.
Con Lilli, la mia Yorkshire, ho instaurato un rapporto unico, di totale fiducia e comprensione reciproca. Lei è la mia compagna.
Da undici anni siamo insieme. Quando l’ho portata a casa, pesava novecento grammi. Era minuscola.
Con lei ho costruito tutto. La sua mente è sempre stata stimolata, insieme ci divertiamo, siamo in simbiosi al punto che ci capiamo con un solo sguardo.
Questo mestiere mi regala grandi emozioni, generalmente positive, a volte negative.
Soffro quando vedo che qualcuno prende un cane solo per un puro gusto estetico, poiché questo comportamento innescherà automaticamente un rapporto poco sano.
Al contrario, provo una grande soddisfazione personale ogni qualvolta un proprietario riesce ad instaurare un bel rapporto col proprio cane, perché so che da quel momento in avanti nascerà un legame unico e indissolubile.
Oggi sono felice del mio lavoro presso il centro cinofilo N-TEAM, a Capiago Intimiano (CO). Qui ho trovato una famiglia… e non parlo solo delle colleghe, ma anche dei clienti stessi.
Dopo un lungo percorso lavorativo, a volte doloroso, posso dire con certezza di non aver mai rimpianto le scelte che mi hanno condotta fino al presente.
Sara Butera, Libralchimia.
Ti è piaciuto l’articolo su Diana Proserpio? Leggi https://libralchimia.com/dread-maker-como/
Diana Proserpio e la cultura cinofila

Diana Proserpio e la sua Lilli.

Emanuele Scanarini, Italian Gekko Association.

-Testi di Sara Butera –

Mi chiamo Emanuele Scanarini e, dal 1996, allevo gechi. Sono consapevole che la mia passione risulti fuori dalle righe.

«Non sarebbe più logico adottare un cane o un gatto? Sono animali che sanno ricambiare i sentimenti!» Chiede chi non comprende perché io stia dedicando la mia vita ai rettili.

Rispondo che l’amore non è una questione d’egoismo. Quando provo affetto, non devo per forza essere ricambiato: così è con gli animali, come per ogni altro essere vivente.

Da ragazzino, non avevo la possibilità di tenere animali da compagnia in casa, anche se avrei tanto voluto adottare un cane.

Il destino, anche se non si cerca, ci trova sempre; è stato così quando, all’età di sedici anni, sono entrato in un negozio di animali e un geco mi ha letteralmente conquistato.

Léon, che ha vissuto con me per quattordici anni, nonostante sia stato solo il primo di tanti rettili che ho accudito nel corso degli anni, conserverà sempre un posto speciale.

Vorrei specificare una cosa.

Non colleziono gechi: me ne prendo cura con il rispetto dovuto agli esseri viventi.

Nell’immaginario collettivo, la figura dell’allevatore di animali esotici è identificata troppo spesso in modo errato.

Siamo dipinti come contrabbandieri che rapiscono creature innocenti, strappandole al loro habitat naturale.

Purtroppo, come in tutti gli ambienti, esistono le mele marce; tuttavia, tengo a specificare che il mercato nero è una dimensione diametralmente opposta da quella che rappresenta me e moltissimi altri professionisti e appassionati del settore.

«È giusto togliere degli esseri viventi dal proprio territorio per tentare di addomesticarli?» Questa è una buona domanda, poiché non esiste un vero motivo per cui queste creature debbano diventare animali da compagnia.

È anche vero che tantissime specie come rettili, pappagalli o piccoli mammiferi riprodotti da decine o centinaia di generazioni, oggi non sarebbero più in grado di sopravvivere da soli in natura.

Come mai? Perché sono troppo lontani dai loro progenitori naturali.

Proprio come capiterebbe a cani e gatti domestici, non avrebbero più le risorse e le capacità per sopravvivere senza l’aiuto dell’uomo.

Alla fine del 2020, l’Italia ha dovuto recepire un regolamento europeo sulla sanità animale, che va a toccare innanzitutto il mondo alimentare, che è diviso in due categorie: terrestri e acquatici.

Nella Legge di Delegazione italiana, tramite l’intervento di un’associazione animalista, è stata inserita una postilla. Nell’articolo 14, la lettera Q, approvata sia in Senato che alla Camera, propone pesanti sanzioni, anche penali, per tutto ciò che concerne la riproduzione, la conservazione e la commercializzazione delle specie esotiche.

Gli stessi promotori della norma, vorrebbero fosse estesa anche ai nostri più familiari amici a quattro zampe.

Inizio col dire che l’allevamento, di qualunque specie si tratti, dev’essere giustamente regolamentato.

È necessario tutelare la salute degli animali, il benessere, l’igiene e, soprattutto, bloccare il mercato nero.

Una decisione sbagliata da parte di chi ci governa potrebbe scatenare, nelle persone meno coscienziose, un’ondata di abbandoni causati dalla paura e dall’incertezza.

Questi comportamenti sono sempre da condannare, ma immaginate di camminare nel bosco e di incappare in un pitone, oppure in una tarantola. A parte il terrore che susciterebbero, gli animali stessi potrebbero modificare, in qualche modo, l’ecosistema del nostro territorio.

Ovviamente, la maggior parte di essi morirebbero di atroci sofferenze, sia per l’impossibilità di adeguarsi al clima, che per l’incapacità di procurarsi il cibo in autonomia.

Questo è il primo punto che, con l’Associazione “Italian Gekko Association”, vorrei evidenziare.

Chiediamo di rimuovere dalla legge la parola “divieto” e di aiutarci a comprendere al più presto quale realtà ci attende.

Ovviamente, concordiamo che l’importazione illegale debba essere fermata, ma non troviamo giusto vietare la riproduzione a quegli allevatori che, con amore e passione, si dedicano alla riproduzione degli animali.

Concludo dicendo che esistono persone che vivono di questo commercio ed alcune di loro rendono un servizio encomiabile, producendo dati scientifici per progetti di tutela e conservazione delle specie.

Sara Butera, Libralchimia.

https://italiangekko.net/ig/index.php

Italian Gekko Association, allevatore di Gechi.

Fotografie di Eleonora Esposito.

Il Parco Sorgenti del torrente Lura -Testi di Sara Butera-

Intervista a Luca Bianchi, Assessore all’Ambiente, Lurate Caccivio (CO)

“Ricordo come fosse ora quando i miei genitori mi iscrissero al WWF.

A quei tempi ero un ragazzino e non potevo sapere che, quel giorno, avrebbe cambiato la mia prospettiva sul mondo; eppure, a quarantacinque anni, sento che l’amore verso l’ambiente è la scintilla che mi spinge a portare avanti, con convinzione, l’intento di salvaguardare il territorio che mi circonda.

In realtà penso mi sia stato fatto un dono. È come se una strada si fosse aperta davanti a me, regalandomi la possibilità di dedicarmi a ciò che amo, ricavandone un’ampia soddisfazione personale.

La natura, in questo momento storico, è sotto assedio; i cambiamenti climatici, la pressione antropica dell’uomo sugli ecosistemi, sono meccanismi che stanno mettendo a dura prova la sua resistenza.

Penso fermamente che l’ambiente vada protetto con tutte le risorse possibili.

Per quanto sia consapevole di non poter agire sulle sorti del mondo, posso rivolgere il mio impegno a tutelare il nostro territorio; non dico questo perché sono Assessore all’Ambiente del Comune di Lurate Caccivio (CO) ma perché, se anche così non fosse, dedicherei tutto me stesso a questo scopo, come del resto ho sempre fatto.

Il nostro Parco è un corridoio ecologico tra flora e fauna in un luogo in cui in passato si è costruito molto, forse troppo.

Il mio sogno sarebbe quello di valorizzarlo, facendolo conoscere come un bene prezioso per le nostre generazioni e, soprattutto, per quelle future.

Affettivamente sono molto legato al Parco delle Sorgenti del Lura.

In questo luogo, assieme agli altri parchi circostanti, custodisce ricordi bellissimi legati alla mia infanzia, ma non solo.

Da ormai troppo tempo non abbiamo la possibilità di muoverci liberamente, eppure non posso scordare le suggestive passeggiate notturne nel mese di luglio, organizzate dal nostro Comitato Ambiente.

Ricordo serate sotto il chiaro di luna, illuminate da fiaccole lungo le vie dei boschi che costeggiano i viottoli adiacenti ai torrenti.

È un evento annuale partito in sordina anni fa, ma che negli anni ha raggiunto un numero sempre maggiore di partecipanti.

Racconti, risate, tutti ingredienti positivi che fanno sentire parte di una comunità.

Il Parco delle Sorgenti del Lura, sviluppato su più territori, ha avuto la capacità di unire i diversi Comuni in un unico scopo.

Insieme, vogliamo ridare vita a quei boschi che, in questa società consumista, ancora hanno la capacità di unire anziché dividere.

L’essere umano ha sempre cercato di delineare i confini, ma la natura non ne ha; ora noi lo stiamo dimostrando.

Unendoci, possiamo finalmente dire che la natura è un bene comune e, come tale, va tutelata.

Parco delle Sorgenti del torrente Lura, Como

Parco delle Sorgenti del torrente Lura, Como

La storia di Flora e Fausto – articolo di Sara Butera

Come nasce una fiaba? In realtà non lo so.

Un’immagine dà vita a pensieri che si trasformano in parole o, forse, inconsciamente sono da sempre nella mente dell’autore stesso.

Ho scritto “La storia di Flora e Fausto” un mattino di gennaio quando, correndo verso una frenetica giornata di serrate incombenze, mi sono fermata per guardare l’aurora.

Ne è valsa la pena: quei dieci minuti mi hanno migliorato l’umore ed ho affrontato i miei impegni con una ritrovata serenità.

Sono molto affezionata a questa storia: una delle mie preferite tra quelle che ho inserito ne “Il Bombo e la Farfalla ed altre fiabe”.

Senza di essa, a mio parere, il libro sarebbe rimasto incompleto.

“La storia di Flora e Fausto” è una fiaba breve che parla del “qui ed ora”.

Il quesito che il Fato porrà al protagonista maschile, tornato dalla sua amata dopo lunghi anni dopo una sfrenata ricerca di ricchezze, è: “A cos’è servito tutto quest’oro, se per averlo hai perso i più bei momenti d’amore?”

In questa frenetica vita è necessario porci la medesima domanda: è giusto sacrificare il presente per cercare un futuro migliore?

Vi lascio con “La storia di Flora e Fausto”, tratta dal libro “Il Bombo e la farfalla ed altre fiabe”.

-LA STORIA DI FLORA E FAUSTO-

Tanti anni fa, in un piccolo paesino sul lago di Como, nacque Flora: una tenera bimba dalle rosee gote.

La giovane crebbe sana, forte e con un sorriso tanto luminoso da incantare persino il sole.

Un giorno, Flora si innamorò di Fausto: un giovane barcaiolo. Lui le chiese la mano e lei, felice, acconsentì.

“Dolce Flora, voglio sposarti, ma meriti le più belle delle nozze.” Le disse il giovane, che partì cercando fortuna al di là delle montagne.

La fanciulla aspettava il ritorno del suo amato, recandosi ogni giorno sul piazzale della chiesa, dove, appoggiando la mano sul muro ricoperto d’edera, si sporgeva in attesa di scorgere all’orizzonte la barca di Fausto.

Trascorsero molti anni e Flora cadde in un sonno eterno.

Un giorno, la sagoma di una barca comparve e, dopo qualche istante, il ragazzo scese a riva con un grande sacco d’oro sulle spalle.

Ad attenderlo trovò il Fato, che disse: “A cos’è servito tutto quest’oro, se per averlo hai perso i più bei momenti d’amore?”

Fausto pianse, dicendo: “Hai ragione, tutto l’oro del mondo non servirebbe a ripagare un momento con lei.”

Il fato, commosso, compì un sortilegio: Fausto e Flora sarebbero stati insieme, un minuto ogni mattina,  per sempre.

Pare che alcuni giorni si possano ancora vedere le gote della fanciulla arrossire, quando il suo amato le sfiora le labbra augurandole il buongiorno.

Sara Butera, Libralchimia

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“Il Bombo e la Farfalla ed altre fiabe” è un libro di fiabe brevi per bambini (e perché no? Anche per adulti!) che conduce in un viaggio attraverso le vie dei prati, dei boschi e dei vecchi borghi, ricordando che l’incanto è ovunque: nei ciottoli e nelle mura antiche, negli scintillii del lago e nel volo di un cigno.

Una raccolta di fiabe illustrate dall’autrice stessa, in cui il principale racconto a colori, “Il Bombo e la Farfalla”, affronta il tema dall’accettazione del sé.

Con Bomby, il protagonista, voleremo su fiori e prati, nella consapevolezza che, in fondo, la bellezza sta nel modo in cui ci sentiamo.

Sara Butera, l’autrice, nasce a Varese il 23 ottobre 1979.
Figlia d’arte, viene introdotta in quel mondo fin dalla più tenera età. Giovanissima, inizia a studiare flauto traverso, superando con successo l’esame di ammissione come privatista presso il Civico Liceo Musicale di Varese.

Frequenta il Liceo Artistico A. Frattini e, successivamente, inizia a lavorare in una bottega orafa: mestiere che le regalerà parecchie soddisfazioni.
Si accosta al mondo delle danze orientali, diventando ballerina ed in seguito coreografa e insegnante, collaborando con grandi esponenti del firmamento mondiale della danza.
Nel 2009 si innamora del teatro. Debutta nel 2010 come sceneggiatrice dello spettacolo “Il Sultano e la sua Sposa”. Seguiranno “La Danza dei Balocchi” e “La Notte dei Miti Danzanti”.

Nel 2017 porta sul palco “L’Odore delle Notti”, spettacolo autobiografico dedicato alla sensibilizzazione verso i temi del mobbing e del cyber bullismo.
Sempre nel 2017, Sara Butera apre con grande successo mediatico la pagina social “Gocce di Brienno”, che in breve tempo conquista migliaia di lettori in tutto il mondo.

Spronata dal suo affezionato pubblico esordisce come scrittrice, pubblicando il libro di fiabe “Il Bombo e la Farfalla ed altre Fiabe”.
Pagina dopo pagina il libro sarà apprezzato anche dai più piccoli, grazie anche alle illustrazioni della scrittrice italiana.

Il Bombo e la Farfalla ed altre fiabe di Sara Butera

Il Bombo e la Farfalla ed altre fiabe è un libro di fiabe scritto da Sara Butera