Pandorina e Bandolino
-Testo di Otis Ribera-
Orazietto prima di addormentarsi, chiese a Nonna di Mare: «Mi racconti la fiaba ‘Pandorina e Bandolino’? Son tanti anni che non me la narri più!»
Nonna era insuperabile nel raccontar fiabe ma stranamente, quel giorno, corrugando la fronte disse: «Quella fiaba, liberamente tratta e reinterpretata da me dalla storia mitologica del ‘Vaso di Pandora’ è adatta ai più piccini.
Tu ormai sei cresciutello e potresti impressionarti; è una storia adatta bimbi di non oltre i tre anni d’età…»
«Tipo le fiabe Hansel e Gretel, Raperonzolo o Cappuccetto Rosso?»
Nonna, animalista convinta, assentì; le venne in mente il lupo che si era mangiato nonna e nipotina e che per salvarle il cacciatore squarciò con un coltellaccio la pancia del povero animale per poi riempirla di sassi e ricucirla.
«Dai nonna, come sei antica, raccontami ti prego, ti acconsento di censurare i passaggi più impressionanti.»
Nonna brontolò, ma alla fine si sedette vicino ad Orazio, mise le mani in grembo e iniziò: «Nella Curlandia del Nord, in un bosco impenetrabile e incantato, vivevano degli esserini singolari e buffi che erano a metà tra gli Gnomi e gli Elfi: questo era il motivo per cui quelle creaturine venivano chiamate ‘Gnelfi’.
Le loro casucce erano state ricavate nelle imponenti e intricate radici degli abeti e delle querce secolari.
Ingegnosamente, da tempo immemorabile, avevano scavato con speciali sgorbie e mazzuoli da scultore il duro legno delle radici ricavandoci abitazioni molto calde e confortevoli arredate con piccole madie, tavoli, sedioline e caldi lettucci.
Con i trucioli delle lavorazioni tenevano acceso il caminetto, che nel gelo dell’inverno nordico scoppiettava e riscaldava il loro cuoricino.
Durante la durissima stagione invernale non potevano uscire: la neve era troppo alta.
Per questo motivo, per pochi mesi all’anno, procuravano ogni genere di scorte alimentari e non solo. Gli Gnelfi si nutrivano di noci, nocciole, frutti selvatici e poi more, lamponi, ribes, castagne, funghi, bacche selvatiche.»
«Per farla breve, erano vegetariani?»
«Certo. Molto prudentemente e saggiamente riempivano di cibo le dispense e tutti i cunicoli disponibili, creati naturalmente dalle radici stesse di quegli imponenti alberi.
Quell’anno furono attaccati e messi a dura prova da miliardi di piccoli esserini malefici invisibili ad occhio nudo che, penetrando nelle casucce, ne assalirono gli abitanti infettandoli.
Alcuni guarirono, altri vennero uccisi senza pietà. Pandorina e Bandolino si asserragliarono all’interno della loro casetta e sopravvissero difendendosi unicamente con l’arma invincibile dell’amore e della concordia.
Non si annoiarono e non bisticciarono mai, anzi furono felici di prolungare, per un intero anno, la loro convivenza chiusi nella casuccia. Passarono il tempo a coccolarsi e a far progetti per il loro futuro.
Decisero che, passata quell’emergenza, si sarebbero sposati per coronare il loro sogno d’amore.
Pandorina era ben vista dal potente Dio degli Gnelfi, chiamato Gnezeus.
Per questo motivo aveva ricevuto in via esclusiva doni speciali come la bellezza e tutti i talenti artistici compreso quello per la musica, la danza e la scrittura.
Il Dio, però, le chiese qualcosa in cambio; le donò uno scrigno magico raccomandandole di non aprirlo mai. Pandorina aveva anche il dono della curiosità (dono che molti considerano un difetto, ma che in realtà è segno di intelligenza).
Dopo la sconfitta dei demoniaci esserini invisibili, Pandorina e Bandolino, stranamente, invece di godersi finalmente lo scampato pericolo, forse per colpa di un sortilegio, cominciarono a litigare ferocemente (Nonna, a quel punto, per non turbare Orazietto, sorvolò su molti tristissimi episodi che successero tra i due piccoli gnelfi).
“Apri quel vaso per Dio!” sbraitava Bandolino ubriaco di succo d’uva di cui, improvvisamente, divenne molto ghiotto.
Le sue lunghe orecchie divenivano rosse come il fuoco forse a causa dei fumi dell’alcol che gli facevano crescere dentro il furore e l’ira.
Urlava: “Sicuro come l’oro che quello stupidissimo scrigno contiene poteri magici che risolverebbero tutti i nostri problemi in un buff. E tu, per dare sempre retta a quel presuntuoso Dio Gnezeus, non lo vuoi aprire.”
Pandorina, esasperata e preoccupata per il crescente pessimo umore di Bandolino cedette e, disobbedendo al Dio, aprì lo scrigno. Da quel momento una nube nera si addensò sul villaggio e sulla loro casetta.
Dallo scrigno tutti i mali del mondo, l’odio la rivalità, la gelosia, l’invidia, la malattia e il vizio, si riversarono sugli abitanti della Curlandia del nord.
Bandolino si trasformò in un piccolo tiranno pieno di astio e di rancore. Da quell’istante, trattò Pandorina come una nemica.
Prima dell’apertura dello scrigno il mondo era stato felice ma, da quel momento, una folata di gelido vento carico di follia e veleno disseccò la natura rendendo tutto un deserto desolato.
Pandorina non si perse d’animo e, spinta ancora dalla curiosità, riaprì lo scrigno. Inaspettatamente e magicamente uscì la speranza, che era rimasta dimenticata sul fondo dello scrigno fatato.
Immediatamente, le lande desertificate come d’incanto rifiorirono; i frutti ricrebbero abbondanti e gli uccellini ricominciarono a cantare.
In poco tempo tutto ridiventò magnifico e la pace e la serenità trionfarono nuovamente nei cuoricini degli Gnelfi e di Pandorina… ancora… e ancora più di prima.
Purtroppo, Bandolino, punito per sempre dal severo Dio Gnezeus non guarì mai più dalla follia e dal vizio.
Si racconta che, avendo perduto la pace e il senso dell’orientamento, ancora oggi vaghi solitario per la grande foresta.»
Otis Ribera
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