La povertà è uno stato d’animo
-Testo di Otis Ribera-
“Nonno, noi siamo poveri?” Chiese Orazio.
Nonno di ‘monte’ sorrise e rispose con la solita arguzia: «Che domande fai? Ragiona. Noi non siamo poveri, altrimenti tua mamma come potrebbe permettersi le scarpe griffate da millecinquecento euro fatte con lo sfruttamento di povere operaie pagate un euro l’ora, con le dita deformate e doloranti dalla ripetitività di quel lavoro? Prima o poi, nel percorso accidentato della vita, che molto spesso è simile ad una micidiale gimkana piena di trabocchetti e delusioni, ci sentiamo dire con tono consolatorio da amici, parenti, psichiatri o uomini in abito talare, che la povertà è uno stato d’animo. In parte è vero.
Persone ricchissime spesso hanno un’anima micragnosa, egoista e squallida; vivono una vita interiormente miserabile, scontenta ed infelice. Al contrario, molti poveri in canna vivono una vita piena e ricca di gesti carichi di umanità e generosità. Magicamente, come per incanto, si sentono appagati e forse anche felici.
A volte la povertà colpisce a tradimento. Come un domino. La prima tesserina casca a diecimila chilometri di distanza, causata magari da una bolla speculativa scoppiata a causa della troppa ingordigia di pochi; oppure la stessa prima tesserina casca perché animaletti tipo pipistrelli o pandolini contagiano, non certo per colpa loro, con i loro virus il primo uomo che capita a tiro. Per un fenomeno che a noi sembra quasi trascendere i limiti dell’esperienza umana, trascina nella sua caduta miliardi di altre tesserine, cioè di persone in carne ed ossa come noi. Quando ne veniamo investiti, molti, forse la maggioranza, si macerano nella convinzione che è successo perché, in fondo, siamo poco dotati o particolarmente sfortunati.
Le pubblicità televisive, perfidamente, molto spesso non ci aiutano. Mostrano modelli sempre vincenti, rafforzando in noi la convinzione della nostra inadeguatezza o incapacità. La lanciatissima finanziaria multinazionale per cui tuo padre lavora, la ‘Happy Work’, ha promosso, per i suoi danarosi clienti, questo motto: “Siete super intelligenti e non vi dovete creare troppi problemi di coscienza. Siete vincenti, meritate tutto ciò che desiderate e soprattutto meritate molto e molto altro ancora!”
La realtà vera è che la ricchezza, nel mondo, è mal distribuita. Alcuni, appunto, ci incoraggiano dicendo che la povertà è uno stato d’animo. Questo concetto rafforza il nostro morale, ma non funziona dal lato pratico.
Sarebbe bellissimo se andando dallo scorbutico tabaccaio a pagare la bolletta del gas o della luce, quando lui ci chiede: “Paga in contanti o con carta di credito?” Potessimo rispondere: “Con lo stato d’animo.” Purtroppo, non funzionerebbe.»
Orazietto rise di gusto.