Che bel fresco c’è a Viggiù – rubrica “I Sentieri del Ramingo”, di Michele Del Greco, “Ideatore di Eventi”.
“Viva i pompieri di Viggiù, che quando passano, i cuori infiammano!”
Quanti conoscono questo ritornello?
“I Pompieri di Viggiù”, questa allegra e popolare marcetta fu composta nel 1948 dal maestro Armando Fragna, un napoletano sfollato a Viggiù a causa della guerra, fu cantata da Clara Jaione, mentre il testo fu scritto da Alberto Larici.
Nessuno si aspettò un così grande successo e l’anno dopo fu lo spunto per un film interpretato da molti attori famosi all’epoca, non ultimo il grande Totò.
La stessa cittadina, Viggiù, in provincia di Varese, alle porte della Svizzera e del Lago di Lugano, riscosse un discreto riconoscimento, facendosi conoscere ad un’Italia che prima era quasi ignara della sua esistenza.
Per la cronaca, i pompieri ci sono stati davvero.
Dal 1881, un corpo distaccato di pompieri volontari dipendenti da Milano si prodigava, con una pompa manuale, nello spegnimento di piccoli incendi nel borgo.
Questo perché Viggiù era molto apprezzata come luogo di villeggiatura dai milanesi benestanti.
Poi, nel 1939, i pompieri passarono sotto il corpo dei Vigili di Varese e si sciolsero definitivamente nel 1962.
Cosa rimane oggi di quei fasti passati?
Moltissimo! Viggiù è uno scrigno di tesori culturali, artistici, storici e naturalistici di grande livello, e non certo solamente per una simpatica canzoncina!
Conosciuta come luogo di guardia degli antichi romani, la “stationes” Vicus Julii ha visto susseguirsi diversi macro-periodi importanti.
A partire appunto dai romani, fu apprezzata in seguito come avamposto dai longobardi del VI-VII secolo.
Fu sede di un eremo di religiosi cluniacensi dal 1059 (un probabile monastero sarebbe stato collocato sul Colle S. Elia), approvato e menzionato nel 1095 anche da Papa Urbano II (il pontefice, per intenderci, famoso per la Prima Crociata in Terra Santa).
Ma il periodo più prestigioso forse rimane quello dei “Picasass”.
Artigiani, artisti e scultori che qui ebbero modo di formarsi e perfezionarsi grazie anche all’abbondanza di cave di pietra di buona qualità nelle vicinanze.
Già conosciuti nel 1300, ebbero il periodo di maggiore visibilità tra il 1800 e i primi del 1900, donando un lascito, in termini di opere d’arte, non indifferente.
Viggiù “Terra d’Artisti”, quindi, con le famiglie Argenti, Bottinelli, Giudici, Longhi, Piatti, ma soprattutto con Luigi Buzzi Leone ed Enrico Butti, le cui meraviglie ancora oggi arricchiscono il borgo stesso, la città e la provincia di Varese e il Cimitero Monumentale di Milano.
Facciamo due passi a Viggiù?
Troveremo da visitare ben otto chiese interessanti, diversi portoni e portali e cortili stravaganti.
La splendida Villa Borromeo di metà ‘800, un casino di caccia in stile tardo neogotico con annesse scuderie e museo dei Picasass.
Poi, una splendida passeggiata nella natura verso il Colle Sant’Elia e il Monte Orsa (con annessa la Linea Cadorna, una difesa militare costruita tra il 1911 e il 1916), il ricco museo Enrico Butti e l’Hotel Viggiù, completamente restaurato, rinomato ritrovo della Belle Epoque.
Questo edificio ospitò, nel 1921, anche Giacomo Puccini, allora intento a comporre la “Turandot”: fu proprio il musicista a lasciare una dedica firmata al paese, che porta il titolo di questo articolo, “Che bel fresco c’è a Viggiù”.
Come non menzionare la Valle della Bevera con i suoi prati, ruscelli e laghetti, il villaggio di San Siro del XVI secolo?
Dal mio personale punto di vista, il gioiello più interessante: il Cimitero Vecchio, un secolo di tesori artistici e storici racchiusi in uno “scrigno” rimasto immutato da allora con la sua tipica atmosfera romantica.
Progettato da Francesco Giudici nel 1818, vide l’ultima sepoltura nel 1912 e, ancora oggi, è teatro di visite e di alcuni eventi culturali promossi dall’amministrazione comunale.
Non ho potuto menzionare tutto di questo piacevole paese, per cui…chi viene a fare un giretto con me?
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