SIMPOSIO – parte terza-
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-Testo di Otis Ribera-
Venne il momento di Capra.
In quanto esperta d’arte disse cose alquanto originali e parecchio ermetiche tanto che lei stessa fece fatica a capire ciò che aveva esposto.
Si schiarì la voce come fanno tutti gli intellettualoni, fissò il vuoto con i suoi chiari occhi dalla pupilla rettangolare per molti versi inquietanti e disse: «Vorrei fare un paio di considerazioni: la prima è che tutte le guerre hanno una loro estetica.
Grandissimi artisti come Michelangelo, Leonardo, Picasso e Paolo Uccello, tanto per citarne alcuni, si sono cimentati con il tema della guerra realizzando stupendi capolavori.
Le immagini che arrivano dai paesi devastati dalle bombe trovo che, nella loro drammaticità, siano dei capolavori di arte moderna: delle vere e proprie istallazioni.»
Poi prese un’aria ispirata e, nel suo ruolo di esperta d’arte, disse: «Addensamenti di elementi compositivi quasi magmatici, geometricità delle diagonali disarmoniche e squilibrate nelle loro sconvolte esizialità creative…
Quei palazzoni anneriti e scheletrici, quei carri armati fatti a pezzi, quelle voragini e poi il grigio, il nero e il rosso…l’urlo di Munch non mi trasmette lo stesso intenso stato di angoscia.
La seconda considerazione, di tipo più etico, è che la guerra, a volte, volenti o nolenti bisogna farla senza se e senza ma, non fosse altro che per difendere a costo della nostra vita la libertà di poterci instupidire liberamente ed edonisticamente, magari davanti al PC o alla TV. Tutto il resto è falsa retorica condita con finte lacrime di coccodrillo.
Abbiamo una paura canina che la guerra possa coinvolgerci, ma rimaniamo indifferenti quando le stesse si svolgono in paesi molto lontani dalla nostra tavola imbandita di cibi carichi di gustose, perfide, colesteroliche molecole.
Per questo motivo, al posto di armi, non sarei così contraria all’invio di opere d’arte post moderne e al limite del concettual-informale al paese aggressore fino a stordirlo e deprimerlo affinché perda la guerra. In questa sede ho sentito dire da chi mi ha preceduto che bisogna dialogare tipo ‘vvvolemose bbbene frateeello …’ Ma chi aggredisce con le armi del figurativo obsoleto e fuori del tempo e rifiuta il concettuale bisogna rispondere duramente con opere incomprensibili di pura astrazione. La spietata risposta carica di phatos sarà di monito e di perituro esempio per coloro che han’ troppa aggressiva accademicità per la testa. Questo dovrebbe essere il solo e unico modo di fare le guerre!»
Capra si commosse alle sue stesse parole che lei stessa non aveva comprese fino in fondo. Finito il suo intervento si ricompose. Nonno ammutolì, la platea rimase in silenzio, una cornacchia appollaiata sul recinto dell’aia e che aveva ascoltato la relazione di Capra volò via gracchiando.
Nonno guardò basito i partecipanti al simposio, che a loro volta guardarono Nonno che guardò l’orologio e disse: «Signore e Signori, sono le sette di sera, abbiamo fatto le ore piccole, proporrei di aggiornarci tra quindici giorni. Noto che alle signore galline cala la palpebra, si stanno abbioccando, devono ritirarsi sui trespoli per dormire; domattina si alzeranno presto per deporre le uova e per loro sarà una dura giornata. Al prossimo appuntamento avranno diritto di parola. Buona serata e arrivederci”
Continua…
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